Spesso i venditori non sono affatto tali. Molte volte sono presentatori di cataloghi e, se va bene, raccoglitori d’ordini: effettuano il giro dei clienti (già esistenti) e si occupano di raccogliere le loro richieste.
Ci si scontra con questo limite commerciale quando si ha l’occasione di parlare con uno dei loro clienti e ci si accorge che non è stato informato su buona parte dei prodotti che, in realtà, la nostra azienda offre (“Ah, ma avete anche questo!?”). Ancora peggio quando si chiede a questi agenti di occuparsi di portare all’azienda dei nuovi clienti: apriti cielo! I servizi che offriamo non sono così interessanti; il costo è sempre troppo alto; gli strumenti che l’azienda offre loro non bastano mai. Le obiezioni dei clienti diventano le obiezioni che i venditori fanno a noi!
Quindi la domanda è: come faccio ad avere dei venditori successo?
Se vogliamo contare su degli agenti proattivi e potenzialmente di successo dobbiamo cominciare sin dalla selezione.
Certo, chi si occupa di selezione sa che spesso essa non avviene su un numero elevato di fuoriclasse. A volte bisogna accontentarsi del meglio (o del meno peggio) che si trova. In alcuni casi alla fine ci si accontenta del venditore che sembra poter portare un portafoglio più consistente. Ma c’è qualcosa che possiamo fare per capire come il nostro venditore si comporterà quando cominceremo a pretendere qualcosa da lui?
Riporto un brano di Chet Holmes (The Ultimate Sales Machine.Turbocharge Your Business with Relentless Focus on 12 Key Strategies 2007) nel quale spiega come condurre una telefonata di preselezione, (S sta per selezionatore e C per candidato):
“S: …Lei ha letto dalla nostra inserzione che siamo in cerca di venditori in gamba… Mi dica: perchè pensa che dovremmo farLe fare il colloquio?”
“C: Be’…uhm…Potete dirmi qualcosa circa il lavoro?”
“S: Questo è un discorso molto più lungo. Per ora vorremmo semplicemente capire perché secondo Lei dovremmo fare questo colloquio?”
“C: Bene…si…Vediamo. Ho lavorato come venditore per due anni. Mi piace veramente e mi piace stare con le persone. Sento che se c’è un buon prodotto o servizio, io sono in grado di venderlo.”
“S: Non mi sembra di sentir parlare un supervenditore.”
“C: In che senso, scusi?”
“S: Beh, Lei non mi ha convinto molto.”
Questa provocazione è intenzionale. Questa modalità di selezionare è contraria al confort con cui si accolgono in genere i candidati. Si potrebbe renderla meno arrogante, ma in questo modo si riesce a capire con che persona abbiamo a che fare. Se una persona non riesce a rispondere a questa domanda e rinuncia, come potrà mai essere in grado di sopravvivere ad una giornata di vendita in cui dalle cinque alle dieci persone gli diranno…”NO!” ?
Senza dubbio questa modalità di selezione va adattata al contesto italiano, alle situazioni specifiche definite dal settore in cui opera la nostra azienda e alla disponibilità dei candidati, ma personalmente propongo di non scartare ciecamente l’idea di provocare il candidato: la sua reazione vale di più di mille intenzioni espresse a parole.