In un altro post avevamo parlato dell’Effetto Dunning-Kruger, secondo il quale le persone incompetenti tendono ad essere poco consapevoli del loro problema. Ma esiste anche la condizione opposta, ovvero che le persone realmente talentuose tendono a sottovalutare le loro capacità e il loro livello di preparazione in un vero e proprio complesso di inferiorità. Quando si è bravi in qualcosa, si tende a presumere che anche gli altri siano bravi in quella stessa cosa. Così, quando ci troviamo di fronte a un compito difficile, tendiamo a sottovalutare le nostre abilità: se riusciamo a risolvere il problema pensiamo che chiunque avrebbe potuto trovare la soluzione, mentre se falliamo ci sentiamo “incompetenti” e ci immaginiamo con che facilità altre persone avrebbero gestito il compito.
Questa “sottostima” non è legata solo i nostri talenti (che non riconosciamo come tali, ma li consideriamo come abilità che hanno tutti), ma anche alla difficoltà dei compiti che affrontiamo. Infatti alcuni studi hanno messo in mostra come le persone competenti tendono a sottostimare le loro abilità nell’eseguire compiti difficili (come giocare a scacchi, raccontare barzellette, eseguire giochi di destrezza o programmare qualcosa al computer) mentre avviene l’effetto opposto, ovvero sovrastimano le loro capacità, per compiti facili come usare il mouse del pc, guidare l’auto o andare in bicicletta.
In un altro esperimento veniva chiesto a studenti dalla Università dell’Iowa di valutare la probabilità di riuscire a battere altri studenti in un quiz con domande di storia antica e in un quiz con domande su programmi televisivi. Gli studenti danno una percentuale bassissima, solo il 6%, sul quiz di storia, mentre per il test con domande sulla tv arrivano ben al 70%! Tradotto in altre parole: gli studenti sono convinti che farebbero molto male nel compito difficile mentre otterrebbero ottimi risultati nel quiz “più facile”. In realtà quello di cui gli studenti non si rendono conto è che il livello di difficoltà del compito facile o difficile è lo stesso per tutti.
Una delle spiegazioni di questo fenomeno è legata al fatto che, quando le persone si confrontano con i loro “pari-livello”, tendono a concentrarsi principalmente sulle proprie capacità e senza tener conto del reale livello di competenze del gruppo di confronto. In altre parole, tendiamo a dimenticare quanto gli altri magari siano bravi ad andare in bicicletta, ma allo stesso tempo siano pessimi nel raccontare una barzelletta o nel gestire una situazione lavorativa complessa. Lo stesso vale per i giudizi che facciamo su noi stessi. Per esempio le persone anziane tendono a credere di essere meno attraenti e atletiche rispetto alle altre persone della loro età.
La morale della storia è semplice: a volte ci spingiamo da soli verso il basso, considerandoci meno abili e meno capaci rispetto a quello che realmente siamo, soprattutto quando ci troviamo di fronte ad un compito difficile. In queste circostanze, in realtà, noi siamo migliori di quello che pensiamo. Teniamolo a mente!