Le parole e le espressioni che utilizziamo tutti i giorni per descrivere quello che ci circonda riflettono il modo con cui percepiamo il mondo. Pensiamo un attimo alle seguenti espressioni:
– Federer è grande
– Questo è un grosso cliente
– Marco ha messo Maria su un piedistallo
– Voglio arrivare lontano come Luigi
– Voglio arrivare in alto!
Quello che le nostre espressioni ci dicono è che esiste un’associazione tra dimensioni fisiche (grandezza, altezza, distanza…) e potere. Questa associazione rispecchia il modo con cui vediamo (e viviamo) le relazioni tra persone. E questa connessione sembra essere incorporata in ogni essere umano. Infatti sin da piccoli impariamo ad associare “le persone grandi” con il potere. Da bambini i nostri genitori, i parenti, i maestri e tutte le altre figure di autorità sono più alte di noi. Durante la pubertà i ragazzi più alti sono sempre al centro dei gruppi e delle interazioni sociali, sono quelli che beneficiano di maggiore rispetto, sono i più “seguiti” e vengono percepiti come i più potenti. Nella vita adulta le persone più alte guadagnano stipendi più elevati, hanno maggiori probabilità di ottenere posti di lavoro più prestigiosi e di ricevere maggior considerazione da parte dei colleghi. Aggiungiamoci che gli uomini sono mediamente più alti rispetto alle donne e, storicamente, hanno sempre goduto di maggiore potere per evidenziare come questa associazione tra elevate caratteristiche fisiche e potere sia ben caratterizzata nell’essere umano e nella nostra società. Ma questa relazione può essere valida anche al contrario? Ovvero, avere potere può farci sentire più alti?
Questa è la domanda che si sono posti due ricercatori, Michelle Duguid e Jack Goncalo, rispettivamente della Washington e della Cornell University, che hanno realizzato un esperimento che ha coinvolto 100 partecipanti (di cui 60 donne) per studiare questo possibile effetto.
Ogni partecipante compilava un questionario in cui veniva richiesto di indicare anche la propria altezza. Poi i ricercatori hanno formato delle coppie, e per ogni partecipante veniva misurata oggettivamente la loro altezza. Per ogni coppia, ad un soggetto era assegnato il ruolo di “capo” e all’altro di “dipendente”. Ai partecipanti è stati detto che la scelta del ruolo era basata sui risultati di una prova sull’attitudine alla leadership, mentre in realtà l’assegnazione del ruolo avveniva in maniera del tutto casuale. Ad ogni coppia veniva detto che avrebbero dovuto svolgere un compito di tipo manageriale. Il “capo” avrebbe avuto potere decisionale durante il compito, mentre il dipendente avrebbe dovuto solo eseguire gli ordini. Questo ha permesso di creare una situazione in cui il “capo” si sentiva effettivamente di avere “potere”.
In seguito i partecipanti compilavano un altro questionario. Tra le varie domande veniva richiesto nuovamente di riportare la propria altezza. In questa maniera i ricercatori si ritrovavano con due valutazioni soggettive dell’altezza di ogni partecipante: ad inizio esperimento e dopo la condizione “capo”/”dipendente”. L’esperimento si concludeva quindi prima dello svolgimento del compito manageriale (che era semplicemente un “mezzo” per creare la sensazione di potere nel “capo”).
I risultati hanno mostrato che prima dell’assegnazione del ruolo i due gruppi (capi e dipendenti) riportavano un’altezza media di circa 168 cm. Dopo l’assegnazione del ruolo, e quindi la “spinta” sperimentale a creare una situazione di differenza di potere nella coppia, i dati cambiavano:
i “dipendenti” (basso potere percepito) indicavano una media di 167 cm mentre i “capi” (alto potere percepito) riportavano mediamente 170 cm di altezza. Ovvero, mentre chi si era trovato in una situazione di basso potere “riduceva” la propria altezza soggettiva, chi aveva sperimentato una condizione di alto potere di percepiva più alto. La poca differenza (2 cm) in realtà è risultata statisticamente significativa, ovvero non è dipesa dal caso.
Gli stessi ricercatori hanno condotto altri studi a riguardo (pubblicati poi sulla rivista Psychological Science), riportando per esempio altre associazioni tra sensazione potere e altezza, come ad esempio il fatto che, anche senza manipolazioni sperimentali, le persone che si sentono più potenti sovrastimano la propria altezza rispetta a chi si sente poco potente.
La nostra mente è così legata alle situazioni sociali che un “semplice” ruolo può influenzare la nostra percezione di noi e del mondo che ci circonda. Ovvero: il mondo oggettivo non è poi “così ” oggettivo, ma viene “ri-creato” continuamente dalla nostra soggettività. Soggettività che è basata su come interagiamo e ci percepiamo all’interno del contesti sociali.
Quindi la prossima volta che ci chiederanno l’altezza, segniamoci la risposta e poi andiamo a “misurarci” oggettivamente. La differenza tra le due misure potrebbe indicare come noi percepiamo la nostra ”disponibilità” di potere rispetto alla situazione che ci circonda. O magari abbiamo semplicemente una scarsa abilità a stimare la nostra altezza.