Troppo spesso abbiamo assistito ad interventi di coaching aziendale che non hanno portato i risultati attesi. Nella maggior parte dei casi, la/il leader coinvolti erano soddisfatti e si sentivano cresciuti, ma il contesto non sembrava apprezzare in egual misura quei miglioramenti.
Da professionisti, ci siamo chiesti chi debba apprezzare l’efficacia di un coaching? Per chi debba generare valore? Come si concretizzino i risultati?
La nostra risposta è stata chiara: le/gli stakeholder!
La leadership, nella nostra visione del business, non è gerarchia, ma è una finzione di servizio per l’organizzazione e le persone che la animano.
È per questo che il nostro processo di coaching ha cambiato passo, anzi, ci siamo alzati e siamo usciti dalla stanza per incontrare le altre persone, le/i nostri stakeholder e:
Abbiamo cambiato, anzi ribaltato, le regole del gioco!
E lo abbiamo fatto per alcune ragioni, che di seguito vi illustrerò.
So di dire una cosa apparentemente contro il mio interesse, ma il tempo passato con me, o con qualsiasi altro coach, non è ciò che fa la differenza.
Un’analisi, condotta da Michael Lombardo e Robert Eichinger del Center for Creative Leadership*, su cosa contribuisca all’efficacia dello sviluppo per top leader ha identificato questi rapporti**:
Un gioco, riprendendo le fila del discorso, per persone mature, dotate della necessaria dose di intelligenza, umiltà, coraggio e, vedremo con una seconda ricerca, costanza.
Non è un caso che proponga questo processo solo ad alcuni partner e solo dopo aver verificato la loro disponibilità e valutato la loro determinazione e perseveranza.
Questa seconda ricerca, condotta da Marshall Goldsmith e Howard Morgan, sull’efficacia del metodo che stiamo usando in questo coaching, ha fatto emergere che la variabile che ne determina il successo è una sola: la costanza nel contatto e confronto con gli stakeholder coinvolti. Chi non ha un, seppur breve, ma regolare e, aggiungo io, curato scambio con i propri stakeholder, ovvero chi non li fa diventare i propri coach, mettendosi davvero in gioco, non ottiene risultati.
Chi invece, fa sul serio, cerca input, ringrazia e rinuncia a giustificarsi o irritarsi, ma ascolta, vince! Per approfondire nel dettaglio, vi consiglio di leggere Leadership is a Contact Sport. The “Follow-up Factor” in Management Development, scritto da Marshall Goldsmith and Howard Morgan.
Ho giocato con la parola e l’etimologia di “responsabilità”:
È una questione di responsabilità alla terza: al 100%, orientata agli stakeholder, strategica.
Se desideri approfondire i fondamenti ed i principi su cui fonda il nostro approccio di senior executive coaching, ti invito a consultare la pagina dedicata.
Paolo Lanciani
Responsabile Executive Development
Note:
* The Leadership Machine, Michael Lombardo e Robert Eichinger, Lominger International, 2011.
**ovviamente si tratta di arrotondamenti, altre ricerche hanno indicato che le proporzioni possono cambiare, ma sostanzialmente il primato assoluto della messa in pratica resta confermato)