Essere trattati con rispetto sul luogo di lavoro non sembra una richiesta eccessiva. E numerosi studi hanno dimostrato le persone lavorano meglio quando hanno relazioni positive con i loro colleghi. Tuttavia i dati estratti, da più di 14000 interviste effettuate a dipendenti, manager, direttori del personale, presidenti di aziende, ha messo il luce come negli ultimi anni la mancanza di rispetto al lavoro stia diventando sempre più dilagante.
Christine Porath e Christine Pearson, professoresse alla School of Business della Georgetown University e alla Thunderbird School of Global Managementm sono le autrici di questa ricerca pubblicata sulla famosa rivista Harvard Business Review. Esse hanno scoperto che oltre il 60% degli impiegati vede nell’eccessivo sovraccarico lavorativo la causa principale dei propri “cattivi” comportamenti. Molti dichiarano: “non ho tempo per essere gentile”. Il sovraccarico mentale e lo stress possono letteralmente ridurre la nostra capacità di essere consapevoli (e attenti) a tutto ciò che ci riguarda e ci circonda, anche (e soprattutto) a coloro con cui lavoriamo. Spesso nelle aziende i lavoratori iniziano ad essere scontrosi e poco educati, non perché essi lo siano di natura, ma perché lo diventano come conseguenza dello stress lavorativo e delle (spesso) rigide culture aziendali. E molti non riescono a trovare il modo di sfogare le proprie frustrazioni.
Ma lo stress non è l’unica ragione per cui le persone diventano “poco civili” al lavoro. Infatti i risultati della loro ricerca riportano come una persona su quattro pensi di essere scortese come conseguenza della del comportamento (scontroso) del loro stesso capo.
Molti intervistati hanno raccontato, per esempio, che i loro capi utilizzavano comportamenti rudi e burberi come modo per innalzare un muro, definire una linea, per dimostrare “chi è il capo” e prendere le distanze dai propri dipendenti.
Altri invece hanno addirittura hanno riportato testimonianze di manager che li “incitavano” ad essere scortesi. Per esempio, una dipendente ha riportato la storia del proprio diretto superiore che, alla faccia del valore aziendale “sii rispettoso degli altri”, richiedeva esplicitamente che lui assumesse un comportamento da (“testuali parole”) “st***o” e “ba*****o”. Ad un altro impiegato il proprio superiore gli “consigliava” di far sentire gli altri dipendenti il meno possibile a loro agio.
Circa il 20% degli intervistati ha dichiarato che la loro compagnia o il loro capo non presta alcuna attenzione al modo in cui i dipendenti si comportano tra loro. Le lamentele vengono prese poco sul serio, e vige spesso la cultura del “chi parla paga”. Un dipendente ha riportato come il proprio manager considerasse denunciare episodi di bullismo aziendale alle risorse umane totalmente “stupido”.
Un’altra persona ha raccontato una vicenda comune (credo) a molti. La classica storia del/della collega che ci sparla alla spalle, prende tutto sul personale (“non hai supportato la mia idea perché c’è l’hai con me”), ecc … Ma andandone a parlare col proprio capo questa persona si è sentita dire, ogni volta per anni, “lascia perdere …”. Con la conseguenza di chiudere ogni rapporto “collaborativo”, con evidenti danni sia ai lavoratori (che hanno maggiori difficoltà a raggiungere i bonus) che all’azienda stessa, che si trova a perdere occasioni, clienti, fatturato.
Cosa possono fare le compagnie per affrontare questi problemi? Le autrici della ricerca suggeriscono alcune idee. Prima di tutto le organizzazioni possono:
– mettere l’educazione e il rispetto come valori aziendali prioritari, strutturando delle “good practices”. Come per esempio avere un contatto visivo con le persone che vediamo a distanza di qualche metro e salutare con un semplice “ciao” o “un cenno” coloro che incrociamo. Banale, ma sembra funzionare.
– formare i propri dipendenti. Insegnarli a comportarsi in maniera educata. Insegnare loro qual è il comportamento più appropriato per una determinata situazione. Creare dei corsi di buone maniere e di comportamento. Fa sorridere, ma spesso questa mossa può rivelarsi vincente, soprattutto per chi ha davvero difficoltà a relazionarsi con gli altri.
Contemporaneamente le singole persone possono mettere in atto alcuni semplici comportamenti:
– prendere le distanze dalle persone “scortesi” attorno a noi. Il nostro capo inizia a urlarci al telefono? Gentilmente ma fermamente dirgli che la questione potrà essere discussa solo in maniera civile e usando toni bassi. E riattacchiamo il telefono. Interrompiamo ogni discussione finche esse non tornano su livelli civili.
– imparare dall’esperienza. Quando qualcuno è scortese con noi, la nostra reazione è generalmente quella di rispondere alla stessa maniera o rifarci con qualcun altro. Ma potrebbe invece diventare l’occasione per capire che non ci piace essere scortesi. Che la sensazione che proviamo non ci far stare bene. E allora abbiamo due possibilità: abituarci a questa sensazione o imparare a controllare i nostri comportamenti. Perché la scortesia ha conseguenze sia su chi la riceve che su la applica …
E nelle vostre aziende? Qual è il livello di educazione tra colleghi? e tra diversi livelli? ed eventualmente che strategia voi e la vostra azienda applicate per limitare e affrontare questo eventuale problema?