Vi è mai capitato di immergervi in pieno in un’avventura lavorativa, economica o relazionale che si è poi rivelata un completo (o quasi disastro) ma dalla quale non riuscivate a scappare? In caso affermativo, è probabile che vi siate scontrati con quel bias di pensiero che gli inglesi chiamano Sunk-Cost Fallacy, ovvero la fallacia dei costi irrecuperabili.
Questo bias riguarda quel comportamento paradossale per cui quando abbiamo messo tanto impegno, tempo e/o soldi in un’avventura ma essa sta andando male e siamo di fronte ad una perdita irrecuperabile, invece di mollare il progetto e limitare le perdite tendiamo a continuare sulla stessa strada anche se questo farà solamente aumentare le nostre perdite.
Tendiamo a pensare: Non posso fermarmi ora, altrimenti tutto quello che ho investito finora andrà perso. Il problema è che non vogliamo ammettere che quello che abbiamo investito è già perso ed irrecuperabile. Perché ammetterlo vorrebbe dire accettare di aver fatto un errore madornale. Preferiamo la cieca speranza all’ammissione dell’errore. Per esempio è molto comune nelle persone che hanno investito una cifra considerevole in azioni in borsa che, invece di salire, sono scese. Come conseguenza esse si tengono strette quelle azioni, senza venderle subito e perdere qualcosa ma limitatamente, nella disperata speranza che le azioni prima o poi torneranno a salire di prezzo.
Questo effetto è stato chiamato anche Corcorde Fallacy dal caso del noto aereo super veloce, che venne per anni finanziato congiuntamente dai governi di Francia e Gran Bretagna ma che dopo poco il suo lancio aveva già mostrato i propri limiti economici. Infatti tra scelte di marketing sbagliate, costi di produzione, manutenzione e gestione troppo esosi e pochissime richieste, fu evidente fin da subito che il progetto sarebbe stato un fallimento finanziario. Nonostante ciò i governi britannici e francesi continuarono ad investire pesantemente in esso, fino a quando un tragico incidente costato la vita a 113 persone mise a termine il progetto.
Questo bias influenza molte delle nostre decisioni di vita. Potrebbe essere un percorso di laurea sbagliato, un lavoro insoddisfacente, addirittura relazioni ormai naufragate nel rancore che si desidera cambiare. Ma il pensiero, i ricordi, di tutto quello che abbiamo investito, il tempo, le energie, la passione, bloccano le nostre decisioni. Ma spesso in questi casi rimanendo attaccati al nostro “investimento” invece di riuscire a creare qualche buona esperienza, dei ricordi piacevoli, una piano di recupero, quello che otteniamo è una costante lotta per tenere sopite la rabbia, la frustrazione e tutte le altre emozioni negative legate alla perdita di tempo, fatica, denaro o qualsiasi altra cosa che abbiamo investito. Senza la provare quella boccata d’aria che è il ripartire, certamente con ferite e perdite (che ci saranno comunque), ma ripartire guardando quello che rimane, e farne la base per un nuovo, migliore, futuro.
Se ci cade lo smartphone dal parapetto di un tragetto, avremmo bisogno di una flotta di sommozzatori per recuperarlo. Potremmo farcela, con una buona dose di fortuna e tanti tanti tanti soldi per pagare l’operazione. Ovviamente, la soluzione più logica in questo caso sarebbe rassegnarsi e comprarne uno nuovo. Così risparmieremmo soldi, tempo, energie. Che potremmo reinvestire in un nuovo cellulare, magari che si riesca a tenere meglio in mano.
Purtroppo, i costi irrecuperabili della vita non sono sempre così facili da vedere. Quando qualcosa è diventato irrecuperabile (un progetto, investimento, relazione), può essere molto difficile riconoscerlo. Il passato non è un concetto così intangibile come il fondo del mare, ma è altrettanto intoccabile. Ciò che è lasciato alle spalle è altrettanto irrecuperabile.
Quindi quando ci addentriamo in avventure finanziarie, progetti, relazioni o altro, e ci accorgiamo che le cose non stanno andando come dovrebbero, prendiamoci un attimo di tempo per rifletterei sui costi e sui reali benefici futuri piuttosto che focalizzarci solo sugli investimenti del passato.