Nassim Taleb, matematico finanziario e saggista, scrive nel suo libro “Il Cigno Nero” che il cimitero dei ristoranti falliti è molto silenzioso. Questa immagine introduce uno dei più grandi e sottovalutati bias cognitivi con il quale ci scontriamo quotidianamente: il bias della sopravvivenza.
Ma partiamo da lontano, dalla seconda guerra mondiale. Negli anni 40’ negli USA la Casa Bianca aveva fatto istituire un gruppo di ricerca composto dai migliori matematici e statistici del paese per aiutare l’esercito a vincere la guerra. Un giorno l’esercito chiese ad Abraham Wald, capo del gruppo di ricerca, quali parti degli aerei da combattimento dovessero essere maggiormente rinforzate. L’esercito aveva sistematicamente analizzato tutti le zone dove si vedevano buchi di proiettile, e la maggior parte dei fori era presente nelle ali e nel parte centrale dell’aereo. L’esercito pensava quindi di rafforzare quelle parti, ma Wald disse loro che non sarebbe servito a nulla. Perché, disse Wald, quelle parti sono già resistenti abbastanza, infatti gli aerei colpiti in quei punti sono gli stessi che sono riusciti a tornare alla base. Dobbiamo guardare dove non ci sono buchi, disse Wald, perché gli aerei che probabilmente sono stati colpiti in quei punti sono quelli caduti in battaglia.
Questa storia di guerra ci presenta il bias della sopravvivenza. Cioè del fatto che molto spesso ci focalizziamo solo su quelli che ce l’hanno fatta (gli aerei ritornati) e non su chi ha fallito.
In altre parole, il bias della sopravvivenza è la tendenza a concentrarsi, a seconda della situazione, sui “sopravvissuti”, invece di che dei “non-sopravvissuti”. Questo significa che si tende a concentrarsi sui vivi, invece che sui morti, sui vincitori, invece che sui perdenti, sui successi invece che sui fallimenti. Ma è importante osservare e analizzare chi non ce la fatta, chi non è arrivato alla meta, chi ha fallito. Capire cosa non fare, cosa si dovrebbe evitare, è importante tanto quanto, e volte anche di più, del capire cosa fare per raggiungere l’obiettivo. Perché a volte, dietro il successo, c’è anche tanta fortuna. Ci sono una serie di eventi che si incastrano in maniera perfetta e unica. E a volte, per citare Daniel Kahneman, “una decisione stupida che funziona bene diventa una brillante decisione, col senno di poi.” Se i fallimenti diventano invisibili, concentreremo tutta l’attenzione sui successi. Perdendoci informazioni fondamentali. Facciamo un esempio. Se stiamo pensando di aprire un ristorante perché ci sono così tanti ristoranti di successo nella nostra città, si sta ignorando il fatto che solo i ristoranti di successo sopravvivono, mentre, per esempio, il 90 per cento dei ristoranti nella nostra città falliscono nel primo anno.
Facciamo un altro esempio, la telefonia mobile. Se tutti si concentrassero sulla Apple o sulla Samsung, sembrerebbe “facile” sopravvivere in un mercato dove ognuno di noi compra un telefonino all’anno e molti ne hanno anche più di uno. Ma forse sarebbe altrettanto importante focalizzarci sulla Motorola, che fu la prima azienda a lanciare un cellulare e ora è diventata un’appendice di Google come conseguenza di una sequenza di scelte di mercato sbagliate.
Infatti il bias della sopravvivenza ci fa percepire il successo come più comune e frequente di quello che veramente è, facendoci arrivare alla conclusione che esso sia anche relativamente facile da ottenere. Il rischio è quello di sviluppare una valutazione estremamente inesatta della realtà dovuto al fatto che “pochi” sopravvissuti hanno il “privilegio” di rappresentare un gruppo molto più grande a cui originariamente appartenevano.
Quindi quando cerchiamo esempi, consigli ed ispirazioni, non focalizziamoci solo su chi il successo l’ha ottenuto. Su chi ha vinto. Su chi è sopravvissuto. Ma anche su chi è caduto per scelte sbagliate. Per rischi troppo alti. Per scelte poco ponderate. Per attese troppo prolungate. Evitare di cadere è il primo passo per raggiungere la meta.