“Ho misurato la mia vita a cucchiaini di caffè” (Thomas Eliot).
Il caffè è uno degli elementi fondanti della cultura moderna. La maggior parte di noi, appena si sveglia al mattino, si prepara un bel caffè nero con l’obiettivo di attivare il nostro corpo e la nostra mente, ancora assonnati, per riuscire ad affrontare la giornata che ci pone di fronte. Il caffè viene associato con il risveglio, con la sonnolenza, con la stanchezza. Si è spesso parlato a proposito di “caffeina effetti”. Utilizziamo il caffè come arma per fronteggiare i cali fisici che ci assalgono lungo le nostre giornate, cercando di sfruttare l’effetto “attivante” ed “eccitante” della caffeina per riuscire a portare a termine i nostri multipli impegni quotidiani. Spesso le nostre giornate sono scandite dal ritmo dei caffè.
Tuttavia recentemente diversi studi hanno cercato di indagare i reali effetti benefici del caffè, soprattutto del caffè pomeridiano, quello che prendiamo per cercare di affrontare il cosiddetto “calo post-prandiale” (quella sonnolenza che ci assale tra le 14 e le 16 e che, nonostante le credenze popolari, non è la conseguenza del pranzo… ).
Negli ultimi anni, infatti, i ritmi di lavoro sono cambiati, e quello che si sta osservando è un incremento nell’uso del caffè associato ad una diminuzione delle ore di sonno e la quasi scomparsa della “siesta” pomeridiana. Per valutare se effettivamente il caffè può fungere da sostituto del nostro sonno, Sara Mednick e colleghi, dell’Università di San Diego, hanno reclutato 61 volontari e li hanno”testati” per un giorno.
Ogni partecipante veniva addestrato al mattino in compiti che riguardavano memoria verbale, competenze motorie e abilità percettive. Quindi i partecipanti sono stati divisi in 3 gruppi: un gruppo (gruppo siesta) che, dopo pranzo, faceva un sonnellino (50 o 90 minuti), gli altri due gruppi dovevano solo rilassarsi per 50 minuti ascoltando una audio-storia. Ai partecipanti di questi due ultimi gruppi, subito dopo pranzo, veniva data una pillola che conteneva un concentrato di caffeina equivalente ad un caffè preparato da Starbucks (200 mg) o un placebo (una pillola “finta”, senza effetti). Da notare che il tipico espresso italiano contiene circa 100-120 mg di caffeina. Poi, nel pomeriggio, tutti i tre gruppi (siesta, caffeina e placebo) sono stati sottoposti di nuovo ai compiti del mattino, per valutare la quantità e la qualità dell’apprendimento. Il gruppo che aveva dormito è migliorato in maniera superiore agli altri sia per il compito di competenza motoria sia per la memoria verbale rispetto al gruppo caffeina. Il miglioramento del gruppo di dormitori risultava più elevato anche rispetto alle abilità di percezione visive. Sorprendentemente, il gruppo placebo ha mostrato risultati migliori rispetto al gruppo caffeina in tutti e tre i compiti, anche se inferiori al gruppo siesta.
Questi risultati suggeriscono che la caffeina interferisca con le attività che richiedono l’elaborazione esplicita di informazioni, come ricordare un’informazione, piuttosto che l’elaborazione di comportamenti impliciti, come cucire o andare in bicicletta. Questo studio mette in crisi un mito del nostro secolo: il caffè come arma che favorisce le nostre prestazioni cognitive e, quindi, produttive. Non solo un sonnellino pomeridiano ha un effetto nettamente più forte sulle nostre capacità mentali, siano esse visive, mnestiche o motorie, ma la caffeina sembra peggiorare le nostre performance anche rispetto a chi non ne fa uso.
Ma allora perché proviamo quella sensazione piacevole e ristoratrice quando ci beviamo il nostro caffè pomeridiano? Una spiegazione è legata alla “dipendenza” da caffeina. Se beviamo regolarmente caffè (o tè o bevande come coca-cola o red bull) il nostro corpo si “abitua” alla caffeina e, come per altre sostanze, quando il livello di concentrazione nel nostro corpo diminuisce, proviamo una specie di crisi d’astinenza (che può arrivare a sintomi come mal di testa, eccessiva sonnolenza e peggioramento dell’umore). Bere un caffè “blocca” questa crisi, facendoci provare una sensazione di “sollievo”. Ma sollievo non significa migliori prestazioni.
Riassumendo, seppur la nostra cultura è altamente improntata all’utilizzo del caffè come sostituto del sonno e del riposo, e come arma per riuscire a produrre di più, i dati sperimentali mostrano un effetto opposto: la caffeina può diminuire le nostre prestazioni. Quindi potremmo iniziare a diminuire il nostro consumo quotidiano, lentamente per non incorrere in crisi d’astinenza,cercando contemporaneamente alternative più efficaci: una breve siesta nel divano, un momento di relax all’aria aperta, evitare di lavorare alla sera tardi. E se proprio proprio non vogliamo rinunciarci, perché è parte della nostra “cultura” e della nostra “vita quotidiana”, l’importante è conoscere il reale effetto che ha di noi e di ricordarsi che non potrà mai sostituire un reale riposo o delle ore di ottimo e piacevole sonno.
Ah che bell’ ‘o cafè, pure in carcere ‘o sanno fâ, co’ â ricetta ch’a Ciccirinella, compagno di cella,ci ha dato mammà (Fabrizio De Andrè).