Il pensiero gruppale, o group think, è un modo di pensare che le persone mettono in atto quando si trovano profondamente coinvolte in un gruppo molto coeso, ovvero un gruppo chiuso e con una chiara identità, e quando la ricerca di un punto di vista unico e comune ha la precedenza sulle valutazioni e idee di ogni singolo membro. Detto in altre parole, nel groupthink tutti i membri del gruppo tendono a ridurre il più possibile critiche, confronti e scambi di idee. È un fenomeno che si verifica quando il conformismo di gruppo è così radicato da far prevalere il bisogno di “pace”, sull’importanza di prendere decisioni efficaci. Alcune situazioni tendono a favorire questo tipo di pensiero: alto stress dovute a pressioni e minacce esterne, fallimenti recenti, difficoltà eccessive nei compiti decisionali, dilemmi morali.
Questa modalità di pensiero è stata definita negli anni ‘70 dallo psicologi Irvine Janis, per spiegare alcuni casi di clamorose scelte decisionali, palesemente errate ed inefficaci, come la fallita invasione di Cuba nel 1961 da parte degli USA. La decisione di invadere Cuba, con la famosa operazione della “Baia dei Porci”, fu la conseguenza di un pensiero gruppale dove le voci dissenzienti, fra i collaboratori del presidente, riguardo alla strategia da adottare nei confronti di Fidel Castro, si auto-censurarono dando priorità al conformismo del pensiero del gruppo. L’invasione, che aveva come obiettivo quello di scatenare una rivolta popolare contro Fidel Castro, ebbe l’effetto opposto, ovvero un rafforzamento del legame tra i castristi e i cubani.
Creare un gruppo affiatato che punti ad obiettivi comuni è estremamente importante per riuscire a raggiungere i propri scopi, ma attenzione a non chiudersi troppo e, soprattutto, ad evitare situazioni di eccessiva acquiescenza. Avere un team in cui tutti possono esprimersi liberamente, in cui tutti possono proporre critiche, idee o punti di vista alternativi è fondamentale per evitare di chiudersi su sé stessi, diventando auto-referenziati, diminuendo la creatività e aumentando il rischio di errori.
Tornando all’esempio della “Baia dei Porci”, se all’interno dei gruppi decisionali i leader avessero permesso una maggior circolazione di idee e di criticità (si scoprirà dopo che erano diversi i rapporti dell’intelligence che sottolineavano le conseguenze negative dell’invasione), e i singoli membri non si fossero auto-censurati, probabilmente quella sciagurata operazione non sarebbe mai stata messa in atto.
Quindi. quando vi trovate con la vostra squadra sportiva, la vostra associazione o il vostro team di lavoro, controllate che qualcuno, all’interno del vostro gruppo, sia almeno parzialmente in contrasto con voi. Se è così siatene contenti perché saprete di avere un gruppo vivo e non a rischio di groupthink.