In questo articolo racconterò un’esperienza in cui abbiamo supportato un nostro cliente nell’implementazione del processo di costruzione di piani di formazione individuale.
Innanzitutto cerchiamo di descrivere di cosa si tratta a grandi linee: l’idea è quella di rendere le persone che lavorano in azienda proattive nella definizione del proprio piano formativo.
Questo tipo di approccio apparentemente si situa all’estremità opposta del modello tradizionale che vede la pianificazione delle attività formative come centralizzate in un dipartimento L&D.
Nella realtà dei fatti sappiamo che in qualsiasi modello centralizzato, i responsabili del training design si sforzano di raccogliere le esigenze formative dalle persone e, in genere, anche le scelte formative vengono condivise almeno con i referenti dei reparti. Così come nel processo di Individual Development Plan le persone non sono lasciate nella totale indipendenza nella scelta degli obiettivi e dei programmi formativi ma i primi, vengono generalmente discussi con il proprio capo e i secondi tendono ad essere scelti tra un patrimonio di corsi a catalogo, sia in aula che in e-learning, e altre formule formative. Il dipartimento L&D non scompare ma diventa facilitatore del processo. Piuttosto che vedere i due fenomeni come contrapposti, essi si situano su un continuum nel quale cercherò, inizialmente di evidenziare i vantaggi per poi mostrare le criticità che l’azienda ha incontrato nell’attuazione del progetto e le soluzioni che abbiamo trovato.
Un primo accento doveroso da sottolineare è il fatto che la creazione di Piani Individuali di Individual Development Plan accentua il coinvolgimento delle Persone.
Abbiamo detto che l’obiettivo viene ragionato assieme al proprio capo. A partire da esso la persona ha la possibilità di definire la modalità che preferisce e i contenuti specifici che preferisce. Questa scelta certamente aumenta la percezione di autodeterminazione. Un cliente qualche anno fa ci aveva confidato che anche semplicemente il fatto di poter scegliere in quale edizione di un corso poter partecipare, aveva creato una enorme euforia e una maggiore partecipazione alle attività formative. La possibilità di scegliere, quando le alternative non sono disorientanti, è certamente un valore che tende a solleticare il bisogno di ognuno di noi di autodeterminarsi. E questo aumenta la motivazione a partecipare.
Abbiamo detto che le persone scelgono anche gli strumenti didattici che preferiscono, tra quelli offerti dall’azienda e i contenuti di dettaglio. Tutto questo aumenta l’efficacia e l’efficienza dei piani di formazione progettati e realizzati.
Da una parte, infatti, non siamo tutti uguali e mentre c’è la persona che gode nel partecipare ad aule formative in cui, al di là dei contenuti, c’è la possibilità di incontrare colleghi, vivere una dimensione relazionale ecc., c’è chi apprende meglio guardando un video oppure ascoltando un podcast oppure leggendo un libro rimanendo in solitudine (per poi magari avere uno scambio con i colleghi in seguito).
C’è chi sente come eccessiva una giornata piena, dalla mattina alla sera, e non riesce a trattenere ciò che ha imparato in modo da interiorizzarlo, e preferisce spezzettare gli argomenti. Insomma il piano individuale può permettere alle persone di scegliere una modalità più adatta al proprio stile di apprendimento. In sintesi permette di apprendere meglio. Se l’obiettivo dei piani formativi non è la partecipazione delle persone ma l’apprendimento, una modalità personalizzata consente senz’altro di rendere ottimale l’investimento.
Dall’altra parte la possibilità di scegliere i contenuti permette alle persone di mantenere alta la motivazione evitando di dedicarsi a temi che non considerano rilevanti e di focalizzarsi invece su ciò che è davvero utile. Facciamo un esempio: in un programma completo sulla leadership si toccano necessariamente diversi temi. Ma non è detto che tutti i partecipanti abbiano bisogno tutti di tutte le cose. In base ad esperienze passate e precedenti formazioni alcuni argomenti potrebbero essere sentiti come utilissimi da una persona e tediosi da un’altra (del resto non è quello che vediamo costantemente nelle aule?). Avendo la possibilità di accedere a dei moduli verticali, ognuno può comporsi un piano ideale per sé. (Attenzione, qui dobbiamo ricordare che l’obiettivo della formazione non è la partecipazione ma il trasferimento nella pratica; per cui è inutile pretendere che una persona stia ad annoiarsi per 4 ore: quel contenuto forse lo conosce già o in questo momento non è rilevante per la sua quotidianità e quindi non è il momento giusto di ascoltarlo!).
La sintesi di tutto questo è che vi è un efficientamento dei piani di formazione: ognuno fa ciò che serve davvero e che può essere, in quel momento, trasferito nella pratica.
In un’epoca in cui si parla del fenomeno della Great resignation come effetto naturale di un grande cambio di paradigma, il tema dell’attrattività verso i Talenti diventa un tema focale. E questo è uno dei motivi, forse quello più importante, che ha spinto il nostro cliente a puntare sull’IDP.
Dalle maggiori ricerche sul mercato del lavoro, sappiamo che le nuove generazioni, considerano sono guidate da un motto che può essere sintetizzato nel celebre motto: you only live once.
Il benessere dell’ambiente lavorativo, il rispetto del bilanciamento tra vita privata e vita lavorativa, la percezione di poter rappresentare se stessi e il proprio talento nel lavoro che si fa e la possibilità di crescere, di intraprendere un percorso di carriera e, ancora di più, di sviluppare appunto il proprio talento, sono gli elementi portanti che costituiscono l’attrattività. Attrarre il talento e avere un contesto nel quale desideri rimanere.
La nostra azienda Cliente ha visto il processo di IDP come un cardine attorno al quale tutto questo potesse ruotare: il fatto di poter definire un proprio piano formativo certamente va nella direzione di sostenere maggiormente i desideri e le aspirazioni delle persone.
L’azienda cliente in realtà aveva già provato a implementare il processo di IDP tre anni prima e quando ha deciso di chiedere il nostro intervento aveva già preso coscienza di una serie di difficoltà. Nell’intranet aziendale erano stati compilati pochi, pochissimi piani (parliamo di circa un 13-15%) Da un punto di vista qualitativo si trattava di piani molto semplici in cui spesso le persone dimostravano di non aver ben compreso la differenza tra diversi strumenti formativi e le metriche indicate si riferivano semplicemente alla frequenza di un dato corso entro una certa scadenza. Nulla che indicasse una sorta di orientamento al risultato. Ma il dato peggiore riguardava il completamento dei piani: da un test a campione risultava che pochissimi dei piani scritti venivano effettivamente portati a termine.
Come sempre la nostra proposta era di compiere un azione-ricerca per mettere a fuoco i motivi di questa debacle. Ridisegnare il processo e costruire piani di formazione efficaci in mancanza di questi dati avrebbe esposta l’azienda al rischio di investire nuovamente ricommettendo gli stessi errori.
In questo titolo ho cercato di sintetizzare il risultato della ricerca. Abbiamo chiesto ad una decina di persone di illustrarci il proprio IDP o, in alternativa, di spiegarci il motivo per cui non lo avevano nemmeno scritto.
Il primo elemento comune è l’aspetto che ho definito motivazionale.
O, meglio, quello che è emerso in modo diretto è che… non c’era tempo. Sì, la formazione è importante, ma non c’è tempo. In certi casi non c’era nemmeno tempo da dedicare a definire un piano formativo, a scriverlo, a inserirlo nell’applicativo informatico.
Negli altri casi non c’era tempo di completarlo. Non è un tema nuovo: quante volte ci siamo sentiti chiedere dal potenziale cliente di ridurre le giornate previste per un certo intervento formativo! Il fatto che la formazione sia importante ma in fondo è meglio che non ‘rubi’ troppo tempo alle attività aziendali, al lavoro vero, quello che fa guadagnare la pagnotta, è un fenomeno ben diffuso. Certo è che dove è presente un’organizzazione centralizzata della formazione, una volta che le date vengono conclamate, in genere le persone partecipano. Invece in questo caso, sembra che la massima libertà portasse ad esacerbare il problema.
Ma il problema non è mai la mancanza di tempo. Il problema, come abbiamo avuto modo di spiegare negli articoli sul Change Management, è sempre la conseguenza di una mancata attribuzione di priorità. La formazione è un desiderata. Ma non è una priorità. Passa in secondo piano rispetto a quell’emergenza. Dovrei dedicarmi a sviluppare la competenza critica, ma il cliente a un milione di dollari mi ha chiesto di anticipare una consegna, cosa faccio, lo deludo? E poi il mio capo mi ha chiesto di aggiungere alle mie responsabilità anche l’affiancamento al collega, che significa che devo rifare io il suo lavoro, poi, poi, poi.
L’altro grosso problema riguarda il programma di apprendimento.
Tutti danno per scontato di sapere come deve essere fatta la formazione e come devono essere costruiti i piani di formazione?
Ma quanti in azienda hanno chiari i processi grazie ai quali si genera la neuroplasticità che porta a tradurre una formazione in fatti, in cambiamenti reali? Il fatto è che nell’idea naive delle persone la formazione consiste nel partecipare un un corso di qualche tipo o di fare sedute di coaching ecc. Una volta fatte quelle tutti a posto.
Ma chi è del mestiere sa che non è così. Sa che non basta mettere le persone in un corso di vendita perché i loro cambiamenti con i clienti cambino veramente. Oltre al ‘sapere’ cosa fare (che può avvenire tramite e-learning, corsi in presenza, feedback, mentoring, coaching) è necessario impegnarsi in un opercorso di allenamento pratico. E che questo cambiamento poi va consolidato sempre attraverso la pratica seguendo certe regole. Quindi, come pretendere che le persone lasciate a loro stesse possano definire un piano formativo ben fatto.
La cosa interessante è questa: i due problemi si rincorrono viziosamente. Se manca la priorità il percorso formativo non verrà fatto.
Ma se il percorso formativo è disegnato in modo inefficace, come può avere riconosciuta una priorità?
Il lavoro che abbiamo fatto nella riprogettazione del progetto è stata su più piani che approfondiremo nel dettaglio in un prossimo articolo ma gli elementi che desidero sottolineare sono due: abbiamo rinforzato il processo di Individual Development Plan sia da dentro che da fuori.
Perché il processo potesse diventare motivante, non solo per le persone ma anche per il loro capo e per l’azienda, diventava necessario inserire nella costruzione dell’IDP un passaggio esplicito su ciò che chiamiamo Impatto. Qual è l’impatto sul business che vuoi ottenere attraverso questo piano formativo.
Per dirla con un esempio: “perché dovresti migliorare la tua delega?” “Ah, perché così diventerei un manager migliore e ottimizzerei la mia azione”. “Certo, ma ancora non mi hai detto su quali kpi andrai ad agire”. E fu così che le persone si resero conto che dare una risposta alla domanda sull’Impatto non era affatto semplice. E che non avendo mai creato una connessione esplicita tra piani di formazione e risultati di business, il loro apprendimento, ben voluto e desiderato, finiva sempre in fondo alla lista di cartoni da aprire.
Questo lavoro sull’Impatto ci ha portati inevitabilmente a inserire anche una parte sulla misurazione, in modo che il raggiungimento di determinati risultati – e non la frequentazione di un corsetto – diventasse argomento importante con il proprio capo.
Sempre dall’interno abbiamo strutturato delle fasi (awareness – training -Consolidation) che potessero guidare le persone nella scelta delle diverse fonti formative con particolare attenzione al social learning.
Dall’esterno abbiamo supportato la realizzazione dell’IDP seguendo queste idee:
Vorresti realizzare nella tua azienda un intervento formativo di Individual Development Plan?
Consulta qui il nostro programma di IDP.
Nell’articolo “Individual Development Plan: quale futuro per gli HR?” trovi l’intervista che Andrea Magnani, CEO & Founder di LAM Consulting, ha rivolto a Giorgio Cavalleri, Learning & Development di Chiesi Farmaceutici, partner di LAM nella realizzazione di numerosi interventi di IDP.