[vsw id=”178001720″ source=”vimeo” width=”425″ height=”344″ autoplay=”no”] Il secondo video sulla misurazione affronta la questione dal punto di vista metodologico: ossia cosa e come misurare. Esistono cinque diversi livelli di misurazione, e tralasciando il primo relativo al gradimento, già ampiamente approfondito in letteratura, ci soffermiamo sugli ambiti meno noti e praticati. Due livelli hanno a che fare con gli “indicatori di effetto” con cui ci riferiamo ai risultati che ci attendiamo dalla formazione, distinti a loro volta in quantitativi e qualitativi. Gli altri due sono “indicatori di processo” e riguardano attività e comportamenti che permettono di raggiungere determinati risultati (effetti). Anch’essi suddivisi tra quantitativi, come ad esempio un certo numero di appuntamenti con i clienti in un dato periodo, e qualitativi, quando invece per esempio valutiamo l’efficacia di una consulenza di vendita attraverso parametri comportamentali. A chi obietta che non è sempre possibile misurare, a maggior ragione quando ci muoviamo in ambito qualitativo comportamentale, rispondiamo con una domanda “se non siamo in grado di misurare l’impatto della formazione sui comportamenti, perché fare formazione?”. Solo un’adeguata e articolata misurazione permette di cogliere in modo certo e obiettivo la ricaduta della formazione. Questo tipo di approccio obbliga a uno sforzo imprescindibile: uscire dal generico e astratto per tradurre le competenze complesse, oggetto degli interventi formativi, in comportamenti specifici e osservabili (misurabili).